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SCULACCIATA E VIOLENZE

 

Torno su un discorso in parte già affrontato non perché abbia esaurito gli argomenti, ma perché vorrei guardare il problema da una diverso punto di vista.

Nell'articolo di maggio 2011 (“regole al sole”) ho già affrontato il discorso delle regole. Per chi non lo avesse letto lo consiglio. Ora, a meno di un anno di distanza, vorrei aggiungere alcune sfaccettature, partendo da una domanda che mi viene rivolta spesso: sculacciata sì o sculacciata no?

Inizio subito dicendo che ritengo che la sculacciata non sia un buon metodo educativo e che spesso sia soprattutto il sintomo di una nostra difficoltà come educatori.

Non vorrei però che la si criminalizzasse eccessivamente...ma vorrei chiarire: per sculacciata intendo la “pacca” sul culetto pannolato e niente di più.

Non annovero nella sculacciata la sberla, lo scappellotto né altre forme più incisive.

Come dicevo...la sculacciata è indice del nostro fallimento educativo, del nostro perdere la pazienza, del non sapere cosa fare.

Talvolta è proprio un controsenso: “ho dato la sculacciata perché picchiava sua sorella”. Come dire: l'ho picchiato perché picchiava...

Non condivido quindi l'uso della sculacciata, ma so, da genitore, che talvolta ci si sente impotenti e riemergono modalità educative che sono state utilizzate con noi da bambini, quando l'amore di una madre, talvolta, lo si misurava sul numero di sculacciate che dava (vi hanno mai detto “il medico pietoso ha fatto la piaga infetta”?).

Personalmente consiglio lo “stop” e tutto quanto citato nell'articolo di maggio, ma mi rendo conto che talvolta posso essere fraintesa.

Lo stop di cui parlo non è un castigo nel senso comune del termine, anzi, mira ad agire nel momento in questione e sul problema in questione: se a tavola rovesci tutto, ti faccio scendere e ti dico di pensarci su...non ti mando via “perchè sei stato cattivo e non ti voglio più”...non ti dico che “sei sempre il solito e non ne combini una giusta”.

Quello su cui vorrei riflettere insieme a voi è proprio questo: talvolta una sculacciata è l'ultimo dei problemi. Mi capita di parlare con genitori che non darebbero mai una sculacciata ai loro bambini, ma poi dicono loro cose “pesanti”.

Al giorno d'oggi (come mi sento vecchia a fare questi discorsi!) si sottovaluta il potere della parola, si sorvola sulla violenza di alcuni messaggi che lasciano ferite profonde nell'animo dei bambini, molto più di una sculacciata.

Non amo decidere cosa è giusto o sbagliato in casa d'altri e più volte ho detto e scritto che le regole sono diverse da famiglia a famiglia, ma vorrei citarvi alcuni messaggi o comportamenti che ritengo più o meno “violenti”:

  • etichettare il bambino (sei monello, sei cattivo, sei stupido...ma anche...sei pigro, non sai fare niente...)

  • esporlo a continui confronti con le, reali o meno, migliori doti di altri (sei sempre l'ultimo, tuo fratello sì che è bravo, sei sempre l'unico che....)

  • legare l'amore per lui al successo o dichiarargli il vostro rifiuto se non si comporta bene (se non diventi ordinato la mamma non ti vuole più, la nonna non vuole i bambini piagnoni...)

  • deriderlo o deridere i suoi fallimenti e le sue difficoltà (come sei imbranato!, piangi come le femminucce?...)

  • minacciarlo facendo leva sulle sue paure o addirittura creargliene apposta (se non la smetti arriva l'uomo nero, se non vieni via subito arriva il vigile)

Tutto ciò ha conseguenze negative e durature, perché sono parole che contribuiscono a formare l'immagine di sé del bambino...quella che lo accompagnerà per tutta la vita.

 

Un capitolo a parte merita poi il castigo.

Talvolta è difficile intendersi sui termini. Spesso mi viene chiesto se è giusto o sbagliato usare un castigo...beh...vi rispondo che dipende da cosa intendete.

La differenza tra castigo e stop vedo che non sempre è chiara. Spesso per il bambino in età prescolare (e sempre per quello in età di nido) il concetto di tempo non è chiaro: adesso, dopo, ieri, domani, più tardi...sono concetti ancora poco padroneggiati. Forse ho già raccontato che mio figlio di quattro anni mi chiede spesso “ma oggi è domani?”. Non è una domanda assurda e la pone con cognizione...avviene quando il giorno prima gli ho promesso qualcosa per il giorno dopo e lui vuole sapere se è arrivato il momento in cui la otterrà. In realtà dimostra di capire il concetto di tempo, ma di usare ancora le parole in modo impreciso.

Perché vi parlo del concetto di tempo?

Perché un castigo implica spesso un concetto temporale: stai seduto per dieci minuti, dopo non vedi i cartoni, oggi pomeriggio non andiamo al parco giochi, domani non invitiamo i tuoi amici.

Nei bambini fino ad una certa età, quindi, l'effetto che voi vi aspettate dal castigo naufraga sull'incapacità del bambino a comprendere parte del castigo stesso.

Anche quando i nessi temporali sono più o meno acquisiti, l'attimo presente ha per il bambino molto più valore del futuro (per i bambini è molto meglio l'uovo oggi che la gallina domani!).

In età di nido io parlo in genere di uno “stop”: si impone al bambino di fermarsi, in un punto particolare ma anche solo seduto per terra o sul divano, soprattutto quando è un po' su di giri, quando l'azione che intendiamo scoraggiare è di tipo motorio (botte, movimenti pericolosi, gesti dannosi per sé o per gli altri).

Non vi posso dire per quanto tempo deve durare lo stop per il semplice fatto che dipende dall'età del bambino e dal suo stato d'animo. Sarà comunque di pochi minuti.

Il bambino più grande può avere stop più lunghi, ma mettetelo sempre nella condizione di riparare al danno compiuto: pulire dove ha sporcato, chiedere scusa, aiutare il bambino che ha spinto, riparare il giocattolo rotto... Ricordatevi che lo stop non è una punizione....è solo uno stop!

Non imponete mai a bambini particolarmente motori o su di giri un arresto forzato e prolungato e ricordatevi di garantire al vostro bimbo un'adeguata possibilità di muoversi, altrimenti non potrete pretendere da parte loro attenzione e autocontrollo.

 

Per i bambini più grandi, diciamo dai 3 anni, è possibile porre obbiettivi che durano nel tempo e mirano a raggiungere uno scopo: chiedere le cose gentilmente, riordinare i propri giochi, andare a lavare le mani quando richiesto...

Per fare ciò occorre lavorare su un solo obbiettivo alla volta, esporre al bambino in modo molto chiaro cosa desiderate e stabilire un “premio”.

Vi faccio un esempio: Ale urlava e si opponeva ogni volta che doveva andare a lavare le mani prima di cena. Abbiamo stabilito con lui che ogni volta che alla richiesta di lavare le mani rispondeva eseguendo quanto richiesto o chiedendo con gentilezza ancora qualche minuto di tempo, avrebbe ottenuto di inserire una noce nel suo barattolo. Il patto era che una volta riempito il barattolo in modo che non potesse più chiudersi saremmo andati insieme a comprare un piccolo gioco. L'obbiettivo è stato raggiunto e il gioco conquistato.

Con i bambini piccoli è necessario avere oggetti concreti da raccogliere (noci, biglie, palline) e un obbiettivo concreto (riempire qualcosa, raggiungere un livello dato) che fungono quasi da premio di per sé (l'uovo oggi), perché l'obbiettivo lontano nel tempo è troppo inconsistente (la gallina domani). Con i bambini più grandi possiamo usare simboli (disegni su una tabella, adesivi su un cartellone) perché hanno una diversa capacità di ragionare per concetti astratti e di proiettarsi nel futuro (Ale ora fa il gioco dei palloncini, che vengono disegnati su un foglio, e non usa più oggetti concreti).

Il premio finale dovrà essere di raggiungimento più rapido per le prime volte e con i bambini più piccoli o con i caratteri particolarmente impulsivi. Con i grandi e una volta compreso il meccanismo del “gioco” potranno essere necessari più “punti” per ottenere il premio.

Tra i premi potete scegliere oggetti (giocattoli, libri), concessioni (mezz'ora di televisione, un dolce fuori programma), avvenimenti (invitare un amico per giocare, andare al parco, andare in piscina). Solo voi potete scegliere il metodo più adatto conoscendo il vostro bambino.

 

Come al solito posso solo darvi qualche spunto su cui ragionare.

Possiamo approfondire tutti questi argomenti durante le riunioni, gli incontri a tema o i colloqui individuali...

...per ora vi lascio riflettere!