non solo nido
piccoli consigli
ci piacciono
DIPENDENZA - INDIPENDENZA Mi sto imbarcando in un'opera colossale, lo so. L'argomento è enorme, poco adatto a spazi così ridotti e susciterà malumori, ma mi sembra importante riflettervi con voi...e vi chiedo di leggere e, se vi fa piacere, approfondiremo poi di persona in asilo. Negli ultimi anni partecipiamo sempre più spesso ad inserimenti lunghi e laboriosi sia per gli adulti implicati (da un lato l'educatrice, dall'altro i genitori e talvolta i nonni) che per i bambini stessi. Tratto comune a queste situazioni, ci pare, è proprio il tipo di relazione che si imposta nei primi giorni di vita e il fatto che questa relazione si mantiene con minime variazioni nei mesi o addirittura negli anni successivi.
Iniziamo a sbirciare di nascosto in casa pochi giorni dopo il lieto evento... Il nuovo bimbo è appena arrivato (evviva!)...senza istruzioni per l'uso (mannaggia!!). Piange spesso e non siamo certe di come dobbiamo comportarci. In ospedale ci hanno probabilmente spiegato l'allattamento a richiesta e, giustamente, cerchiamo di applicarlo nel miglior modo possibile. Già in questa fase possono venire a delinearsi spontaneamente due situazioni molto diverse tra loro:
Credo non stupisca nessuno se affermo che la seconda eventualità rischia più facilmente, se mantenuta, di sfociare in un rapporto di grande dipendenza futura. L'instaurarsi dell'una o dell'altra modalità può derivare dal carattere del bambino, dal carattere della mamma, dal contesto in cui si ritrovano o da varie combinazioni di questi fattori, vediamo perché:
Proviamo quindi ad entrare nella testa della mamma che, ahimè, si è trovata ad avere a che fare con un bimbo molto esigente, che dorme pochino e richiede quindi più attenzioni. Guardiamo la seguente scenetta: Bimbo si sveglia e verseggia...gorgoglia un poco...piagnucola. A casa Bianchi Mamma lo osserva, gli parla, gli fa girare la giostrina, lo porta a spasso o gli fa il bagnetto, a seconda del momento, del clima, dell'umore. Bimbo trova carino il diversivo, si sente rassicurato dalle attenzioni della mamma e si appisola soddisfatto. A casa Rossi Mamma si chiede se avrà fame, se alla poppata precedente abbia mangiato a sufficienza, se il rigurgito che ha avuto prima gli abbia tolto quel tanto di latte che lo avrebbe saziato...nel dubbio Mamma lo attacca...Bimbo, che è un intenditore, gradisce molto la proposta; non aveva fame, ma il latte è buono, il pancino si riempie subito e la sonnolenza lo prende...Bimbo si appisola soddisfatto. Entrambe le mamme hanno ottenuto che Bimbo si appisoli, quindi che torni ad uno stato di tranquillità, ma per due strade diverse: a casa Bianchi il bambino sta scoprendo altri modi per rasserenarsi, a casa Rossi si sta creando il legame disagio-seno-soddisfazione (o disagio-biberon-soddisfazione, che però è più raro, dato che l'allattamento a richiesta è consigliato alle mamme che allattano al seno, mentre i pediatri chiedono solitamente di rispettare tempi precisi di poppata se l'allattamento è artificiale). Se il bambino dei Rossi risolve ogni disagio con il seno materno possono (badate bene: possono) verificarsi due conseguenze negative: che individui nel cibo la soluzione ad ogni disagio e che si aspetti la soluzione del disagio sempre dalla mamma. Questa situazione è normale e sana nei primi giorni di vita, quando la natura ha predisposto una fase di vera e propria simbiosi tra la mamma e il suo bambino. Diventa però superflua e talvolta dannosa se permane nel tempo. Come vi racconto sempre, non esiste un calendario preciso in base al quale decidere quando da una modalità si dovrà passare ad un'altra, né questo passaggio avverrà in modo repentino. Il papà e le persone attorno alla coppia madre-bambino hanno il compito di facilitare il passaggio, il resto lo farà la sensibilità della mamma. Può apparire una banalità trita e ritrita, ma a livello sociologico la trasformazione dei nuclei famigliari non ha aiutato questo processo. Se una volta nell'accudimento del neonato intervenivano zie, sorelle maggiori, nonne, vicine di casa, che non avrebbero potuto offrire al bambino il seno materno nemmeno volendo, ora i nuclei sono più chiusi e le mamme trascorrono il periodo della maternità a casa con i loro bimbi, in una simbiosi che si protrae ben oltre il primo mese (spesso fino al sesto/nono mese, quando questa simbiosi improvvisamente si interrompe). I papà, dal canto loro, hanno assunto ruoli più “materni” di accudimento e cura e spesso, invece di aiutare alla rottura della simbiosi, vi si inseriscono creando una sorta di anomala simbiosi a tre. Tutti questi elementi non contribuiscono certo ad aiutare i genitori nel loro difficile compito di consentire al bambino di separarsi. Tornando alla nostra coppia madre-bambino (che può anche essere una triade madre-padre-bambino quando non, addirittura, una simbiosi collettiva allargata ai nonni), si crea un circolo vizioso in cui la modalità “a richiesta” si prolunga ben oltre l'epoca del primo allattamento e si estende ad altro. Il bambino piange, la mamma propone l'allattamento, il bambino (che manifestava un disagio riconducibile ad altro: noia, sonno, desiderio di attenzione...) si sente pieno (sia letteralmente che in senso lato) e appagato. Le necessità del bambino con la crescita aumentano e si diversificano, ma se non si diversificano le risposte degli adulti di riferimento ci troveremo ad avere a che fare con bambini che tendono ad usare la mamma al posto del ciuccio, che vengono allattati più volte al giorno anche quando hanno ormai l'età per le pappe...e magari già le mangiano con gusto o, più di frequente, le rifiutano perché troppo sazi di seno materno. Altri bambini, invece, non trovano più appagante l'allattamento e lo lasciano gradualmente, ma mantengono la dipendenza emotiva: non essendo stati aiutati a trovare “da soli” soluzioni al proprio disagio, si aspettano sempre che sia l'adulto a proporne (quindi non si interessano ai giochi, non cercano di raggiungerli, pretendono sempre un adulto vicino, si aspettano di essere presi spesso in braccio e di essere sempre intrattenuti...). Tutto ciò comporta molto impegno per chi si occupa del bimbo, che dovrà mettere in atto a quattro, sei, dodici mesi e oltre le medesime strategie del periodo neonatale (con quanta fatica!!). Ma si sa...cuore di mamma...o di papà...o di nonna...farebbe di tutto per il proprio cucciolo...e questo è bellissimo! Ecco perché propongo a tutti i genitori che si riconoscono in questa descrizione di fare un passo in più, di fare una fatica ancora più grande, ma fondamentale per la crescita serena del loro bimbo. Chiedo di proiettarsi nel futuro. Un futuro molto vicino, come il giorno dell'inserimento al nido, o un po' più lontano, come il giorno dell'inserimento alla scuola dell'infanzia, o un futuro che sembra lontanissimo, come il primo giorno di scuola primaria. Quando guardate questo momento futuro come lo vedete? Chi ci sarà con il vostro bimbo, al posto vostro? Educatrici, maestre, insegnanti...non voi. Bambini, compagni, nuovi amici...non voi. Spazi nuovi da esplorare, nuove cose da scoprire, mondi, canzoni e informazioni da imparare. Lo spirito con cui il vostro bambino affronterà tutte queste novità dipende da voi...ora. Provate a mettervi nei suoi panni: se a casa basta guardare un oggetto per trovarselo tra le mani, al primo accenno di pianto un seno caldo e profumato di mamma viene offerto ad ogni ora, la nanna coglie sempre tra le braccia di un genitore, nel silenzio totale, al buio completo...è quasi come essere ancora nell'utero materno! Se questo stato di cose si è protratto nel tempo è diventata ormai un'abitudine più che consolidata. Il nido, la scuola dell'infanzia, la scuola primaria per quanto animati dalle migliori intenzioni, per quanto attenti, preparati, disponibili e comprensivi non potranno mai competere con tutto ciò! Ecco allora il mio consiglio pratico per aiutare i vostri bambini nel processo che gli psicologi chiamano di separazione-individuazione (attraverso il quale il bambino impara a “funzionare” come persona indipendente dagli adulti che si occupano di lui):
Questi consigli non sono certo sufficienti, né esaustivi...sono solo spunti. L'obbiettivo che vi prefiggete è di crescere insieme al vostro bambino, cercando non di spingerlo verso qualcosa a cui non è pronto, ma di assecondare le sue nuove capacità senza frenarle. So bene (ricordate? sono mamma anch'io) che talvolta i nostri bimbi crescono così in fretta che non riusciamo a stargli dietro, ma è nostro compito farlo. Se ci teniamo a loro dobbiamo saper rinunciare a modalità comode o estremamente gratificanti (come l'allattamento, farli addormentare in braccio, prenderli subito in braccio) per agevolarli nella crescita. Li riempireste di caramelle tutto il giorno pur di non farli piangere? Impedireste loro di camminare affinchè non cadano? In qualità di genitori abbiamo grandissime responsabilità, alcune belle, altre meno. Dobbiamo fare grandi sacrifici per il bene dei nostri figli. Dare loro abitudini che li esporranno a difficoltà future non è positivo, nemmeno se è fatto a fin di bene. Quindi permettiamo loro di crescere e di scoprire che (ahimè) non siamo tutto per loro. Lasciamo che si rendano conto che sanno fare tantissime cose da soli e limitiamoci a offrire una sponda sicura, il punto di partenza per le loro esplorazioni. Non facciamo le cose al posto loro, ma con loro o, meglio ancora, osserviamoli mentre le fanno, pronti a lodarli e gratificarli, a incoraggiarli e rassicurarli.
Come ho già detto in altri casi (non sono parole mie ma di K.Gibran) noi genitori dobbiamo essere l'arco che lancia i figli verso il domani...non per ripetermi, ma siate dei buoni archi...e non cedete alla tentazione di impedire alla vostra freccia di volare, né a due mesi né a sei o sedici anni! Il compito più difficile per un genitore non è aiutare i propri figli, ma capire quando non aiutarli. |