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È APPENA NATO...E IO COME MI SENTO?
Gennaio, mese di inizio, di rinascita, di novità...anno nuovo vita nuova... Andando in contro-tendenza rispetto a questa sezione di consigli in cui si parla di bambini, questo mese parliamo solo di mamme. Fuori i bimbi, i papà, i nonni, le tate...parliamo di noi mamme! Rivendico uno spazio per noi (già...sono mamma anch'io!) che non vuole togliere spazio a loro, ai nostri bambini, ma che vuole ricordarci che ci siamo ancora, che non “veniamo dopo” il nostro bambino e che non è facile essere mamma. Ognuna di noi ha un'esperienza diversa: uno o più figli, gravidanze e parti più o meno facili o difficili, lavoratrici o casalinghe, aiutate o meno... E' per questo che non ho mai parlato qui delle mamme...il campo è enorme e poco generalizzabile, ma credo sia giunto il momento di affrontare questo argomento immenso ed infinito, in modo mai esauriente (sarebbe impossibile) ma certo con empatia. L'esperienza della maternità ha scatenato poeti e pittori, circondando la gravidanza e la nascita di poesia e dolcezza. Si sono scritte pagine toccanti sul ruolo della madre e ricordo quando mia cugina all'annuncio della mia prima gravidanza aveva commentato: “ecco perché avevi un'aria così sognante!”. Sognante? In realtà la nausea mi attanagliava giorno e notte, quindi più che sognante sembravo fatta (o sfatta), ma tale è la pressione dei luoghi comuni che anche il mio volto, una volta noto il mio nuovo stato, pareva trasfigurarsi. In realtà la gravidanza può essere un periodo bellissimo per una futura madre...ma anche no. Sui lati belli non mi dilungherò, dato che è un passo che chi legge i consigli di questo sito in genere ha già compiuto: aspettate un bimbo, avete il potere della creazione dentro di voi, coronerete il vostro sogno... Ma non è tutt'oro quel che riluce, come si suol dire. La gravidanza comporta fatiche, malesseri, paure, ansie, incognite...che forse quando avete intrapreso questo viaggio non avete nemmeno considerato. È importante non sentirsi sole in questo cammino e talvolta il compagno di una vita non è d'aiuto, perché vivendo tutto ciò dal di fuori non sa (non sappiamo nemmeno noi!), non capisce (anche se spesso ci prova), non ci arriva.
Ma il consiglio di questo mese promette di parlare del dopo. Cosa avviene una volta che abbiamo accolto tra le braccia il nostro piccolo? La società ci “prevede” raggianti e serafiche. Appagate, beate, materne e accoglienti. Come già detto l'esperienza è soggettiva. C'è chi davvero prova prevalentemente sentimenti di questo tipo, chi invece ha la sensazione che il tanto decantato istinto materno non le sia stato elargito all'atto della creazione, chi è stanco e affaticato ad un tale livello che vorrebbe tornare indietro. Indubbiamente una gravidanza e un parto difficile non ci predispongono nel migliore dei modi, anche sentirsi molto sole e non avere aiuti esterni possono essere fattori importanti nel determinare il nostro stato d'animo. Il nostro bambino, poi, ha caratteristiche particolari: c'è il dormiglione e quello che non chiude occhio, c'è l'urlatore e quello che quando piange emette solo un leggero cigolio, c'è il bambino che ama le novità e quello che ne è particolarmente spaventato... Proviamo, a briglia sciolta, a cercare qualche consiglio nelle tasche, così, in libertà... Il primo: imparate ad accettare e richiedere tutto l'aiuto di cui avete bisogno (dai famigliari, dal compagno, dal personale medico e infermieristico dell'ospedale, dal pediatra, dal nido, dagli amici). Non abbiate timore di dimostrarvi fragili, perché avrete tutto il tempo, dopo, per mostrare tutta la vostra forza e sicurezza. Per nove mesi siamo stati al centro dell'attenzione: tutti a chiederci come stavamo, a venirci a trovare, a farci sedere comode...e poi il voltafaccia: tutti a guardare lui, l'esserino urlante. Se ci lamentiamo che non dormiamo nel migliore dei casi ci sentiamo dire che è normale, se diciamo che non vorremmo allattare dal male che fa...ci guardano con riprovazione, se pensiamo (di solito questo non lo diciamo ad alta voce) che se non smette di piangere lo buttiamo dalla finestra é tutto un coro di “poverino...avrà le colichette”, quando non addirittura “non avrai mangiato qualcosa che gli ha fatto male?!”. Chi ci è intorno qualche volta si dimentica che abbiamo bisogno di aiuto oppure non pensa ad offrircelo o non osa. Imparate a chiederlo. Di contro...il secondo consiglio: imparate a rifiutare le eccessive “invasioni di campo” e chiedete al vostro compagno di fare da filtro tra voi e il mondo. Potrebbe sembrare un consiglio in contrasto con il primo, ma non lo è. Siete voi che dovete decidere quando avete bisogno di aiuto e quando non vi serve, quando desiderate compagnia e quando volete rimanere sola con il vostro cucciolo per imparare a conoscervi (occhio alle madri, alle suocere, ma anche agli amici che hanno già avuto un figlio e quindi credono di sapere tutto anche del vostro). Ed eccoci al terzo punto: avete bisogno di conoscervi (voi e il vostro bambino). La natura ci ha programmate per avere un periodo che fisiologicamente ci facilita l'entrare in “sintonia” con lui (o lei), ma ciò non significa che non appena ci metteranno il neonato tra le braccia scatterà la sintonia e sapremo cosa fare. Forse guarderemo questo fagottino con meraviglia, forse con curiosità, forse anche con ostilità per “tutto quello che ci sta facendo passare”; di certo la nascita è un momento unico e irripetibile, ma non per tutte (anzi, forse per poche) è “pura poesia”. Occuparci del nostro bambino farà riemergere in noi pensieri dimenticati, esperienze passate, ansie non previste e anche chi è un esperto in materia (pediatri, psicologi, educatori...) scoprirà di non riuscire ad applicare con il proprio figlio ciò che è evidente con i figli degli altri (io dico sempre che chi è, come me, “del mestiere” rischia di essere un pessimo genitore). Ecco perché conoscere il nostro bambino sarà un po' un modo per conoscere anche noi stesse, la nuova persona che siamo diventate. Non siamo più “una”, ma nemmeno “due”...in termine tecnico si dice che nel primo periodo siamo “in simbiosi” con il nostro piccolo: siamo più di uno ma meno di due, perché siamo un po' un tutt'uno, facciamo fatica a differenziarci e spesso ci sentiamo in colpa se cerchiamo di differenziarci. Non tutte le donne accettano con serenità questo momento, perché talvolta ci spaventa proprio l'assenza di separazione, che può sembrare eccessiva, o può durare troppo tempo, o forse ci si era illuse che una volta nato saremmo tornate ad essere quelle di prima... Una cosa è certa...non tornerete più ad essere quelle di prima. Sono cambiate troppe cose: il nostro corpo, le nostre emozioni, i nostri pensieri...non siamo quelle di nove mesi fa e non torneremo mai più ad esserlo, ma a ben vedere la vita è sempre in divenire (panta rei, tutto scorre, ha detto qualcuno). In alcuni periodi (e la maternità è uno di questi) le cose cambiano più repentinamente e può essere più difficile adattarsi, ma accettare che le cose sono cambiate è un passo fondamentale. Accettare di essere imperfette è un altro passo. Talvolta è difficile, soprattutto per chi è sostenitore convinto dell'organizzarsi per tempo, del programmare, del prevedere. Dal momento del concepimento avete perso per sempre questa possibilità (se mai l'avete davvero avuta prima). La gravidanza ha un suo percorso (imprevedibile), il parto ha un suo andamento (imprevedibile), il bambino ha un suo carattere (imprevedibile)...e più avanti...programmate una vacanza e il pupo si ammala, gli portate il regalo più bello del mondo per farlo felice e lui lo snobba, prevedete due settimane di inserimento al nido e ce ne vogliono tre, vi aspettate che lui cammini a 12 mesi e muove i primi passi a 15... Ecco perché non potete essere genitori perfetti e perché sbaglierete le risposte che darete al vostro bambino, ecco perché quello che ha funzionato con il primo figlio non va bene per il secondo o per il terzo, o quello che risolve la situazione oggi la peggiora domani. Qualche mamma ci dice “voglio essere preparata”...ed è una bellissima cosa...ma non lo sarete mai! È bello che lo desideriate e che ci proviate, ma dovete anche accettare di non esserlo. Ecco perché chi si occupa di bambini per lavoro spesso fatica più degli altri nel nuovo ruolo di genitore, trovando ancora più difficile accettare il fallimento e l'insuccesso in un campo che si conosce così bene. Arriviamo quindi al quarto consiglio: non pensate di poter diventare un genitore perfetto e imparate ad accettare che non lo sarete mai...ciò non significa, però, che non dobbiate provarci sempre. Diretta conseguenza del quarto è il quinto consiglio: anche il vostro bambino non è perfetto. Durante la gravidanza abbiamo immaginato un bambino dei nostri sogni, ora dobbiamo confrontarci con quello reale...che forse piangerà di più, mangerà di meno, parlerà più tardi, dormirà poco e starà sveglio quando non deve. Il compito più importante e più difficile che ci aspetta è quello di vedere il nostro bimbo come realmente è, facendo attenzione alle aspettative che abbiamo creato. Non significa non avere aspettative, ma cercare per quanto possibile, di essere consapevoli di quelle che abbiamo.
Riassumendo e per concludere (anche se mi sono accorta di avere a malapena sfiorato gli argomenti che avrei voluto trattare...e nemmeno tutti):
Non ho riassunto affatto, lo so. Non ho dato risposte, lo so...nè regole d'oro, lo so...nè soluzioni, lo so. Non ho risposte, né regole d'oro, né soluzioni...ma possiamo cercarle insieme.
Un benvenuto a questo mondo a tutte le mamme del mondo. |