non solo nido
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LA PAPPA Per alcuni quello che sto per scrivere non è una novità, perché in asilo ne abbiamo parlato tante volte...abbiamo persino tenuto un incontro a tema su questo argomento. Malgrado ciò, credo che l'argomento pappa non possa mai dirsi concluso e non è certo in queste poche righe che potremo considerarlo esaurito. In realtà è proprio dai colloqui con i genitori dei nostri “grandi” (di 3 anni) che sono nate le mie attuali riflessioni. In merito a “cosa e quando” dare da mangiare ai vostri bimbi certamente i pediatri sono stati prodighi di informazioni, perciò non mi dilungo. Sull'argomento trovate un recente libro molto estremo che ribalta completamente le modalità di svezzamento...che sia condivisibile tutto o solo in parte (io propendo per quest'ultima opzione) è di piacevole lettura e fornisce spunti utili; si intitola “io mi svezzo da solo” e lo trovate tra i testi a disposizione in ingresso. Riguardo, invece, al “come”, alcuni pediatri non vi diranno quando cambiare i formati, quando suddividere i sapori, quando usare la forchetta o il beccuccio...quindi è bene che ve lo chiediate (o che ce lo chiediate, se avete dei dubbi) e osserviate con attenzione i vostri figli, facendo magari qualche prova. Indicativamente posso dirvi che la pappa unica può essere sostituita dai singoli sapori non appena il bimbo mostra di gradirlo, anche dagli 8 o 9 mesi. Consiglierei di lasciare che il bambino sperimenti con le mani la pappa (tutta o solo una parte posata sul vassoio del seggiolone) così da scoprire che può portarla alla bocca da solo. Se vedete che il gioco è di batterci con forza la manina facendola schizzare ovunque si può dire con tranquillità di no e riprovare quando l'interesse sia diverso. Intorno ai 9 mesi il bambino può provare (con aiuto) la forchettina, nel senso che voi la preparate con un boccone un po' consistente (un pezzettino di verdura cotta, un po' di prosciutto tagliato piccolo, un pezzo di formaggio morbido) e la appoggiate sul piatto e poi lui la prende mentre voi lo imboccate ogni tanto con un'altra posata. Il rischio non è certo che se la infili in un occhio (come teme la mamma) quanto che vi ritroviate lanci di cibo fino al soffitto...ma se siete pronti ad affrontarlo avrete grosse soddisfazioni. Bicchierino con il beccuccio invece del biberon già dai 7-8 mesi, bavaglia con l'elastico così la può mettere e togliere da solo. Intorno all'anno i bambini possono mangiare quasi tutto, quindi non più solo e soltanto pastine, creme e passati. Paste e risotti conditi con la verdura, carne o pesce cucinati in modo sano, contorni di verdure non troppo cotte e poi con sapienza la frutta, da offrire soprattutto per le merende a pezzi, frullata, in macedonia (senza aggiunta di zucchero, tanto è già dolce).
Quello di cui vorrei parlare più ampiamente oggi è invece l'aspetto relazionale del pasto. Quando vi racconto come si svolge questo momento nel nostro nido mi sembra sempre che tutti voi apprezziate l'attenzione che vi si pone e che siate molto consapevoli di cosa vuol dire mangiare “con” gli altri (da qui il termine commensali, cioè con+mensa, quindi sedere insieme alla stessa mensa, nel senso di tavolo da pranzo). Mangiare insieme non significa semplicemente nutrirsi. Significa condividere uno spazio, un momento, un gesto fondamentale per la nostra vita. Significa stare insieme, quindi non essere soli, davanti alla soddisfazione per un buon sapore, all'incertezza per un nuovo gusto, alla delusione per una pietanza sgradita. I bambini si guardano, nel bene e nel male, nei gesti e negli atteggiamenti. Così molti mangiano di più o assaggiano sapori nuovi al nido, non per magia ma “per compagnia”.
L'aspetto conviviale sembra però venire meno all'interno delle mura domestiche. Quanti bambini che mangiano in altro orario, con altro cibo, in altro modo rispetto al resto della famiglia! Anche a noi adulti di solito non piace mangiare da soli, ci infastidisce pranzare con una persona che non mangia e che ci guarda, ci annoia mangiare tutti i giorni lo stesso alimento. Di contro, quando ci si trova tra amici spesso c'è di mezzo il cibo: una cena, una pizza veloce, un picnic, un aperitivo. E i nostri bambini? Vorrei descrivere la situazione “cena” della maggior parte dei bambini di 1-3 anni. Molti mangiano: alimenti diversi dal resto della famiglia e sempre le stesse cose, prima degli altri, imboccati in parte o del tutto, sul seggiolone. Cosa propongo in alternativa (diciamo dai 12 mesi)? Preparare gli stessi alimenti per grandi e piccini, magari offrendo prima (per i più piccoli) una base “su misura” come un po' di pastina e proponendo subito dopo le altre portate uguali per tutti e con gli stessi tempi. Imboccare il bambino solo quando indispensabile, lasciandogli comunque una posata a disposizione per collaborare, consentendo l'utilizzo delle mani ai più piccoli dove necessario. Accostarli al tavolo, apparecchiato con piatti e bicchieri infrangibili, con il seggiolone togliendo il vassoio o, meglio ancora, con una sedia alta (ne esistono in commercio per tutte le tasche ed essendo regolabili possono accompagnare la crescita fino ai 10 anni e oltre). Ci si riesce? Sicuramente sì. Le nostre educatrici mangiano con piccoli gruppi dei vostri bimbi (nello stesso momento e con lo stesso identico menù) già a partire dai 15-18 mesi.
Ed ora l'ultimo aspetto: cosa si fa e cosa non si fa a tavola (e non sto parlando di galateo e buone maniere). In primo luogo si mangia, ovviamente. In secondo luogo si conversa, coinvolgendo per quanto possibile tutti i commensali, di qualunque età. Infine non si gioca e non si guarda la televisione, senza deroghe ed eccezioni. Ma perché insisto tanto su questo aspetto e perché a differenza di altri ambiti questa volta non dico che ogni famiglia ha giustamente le sue regole e abitudini? Perché mangiare male fa male alla salute, come vi possono spiegare i medici, e perché attraverso il cibo passiamo ai nostri bambini tanto di più che proteine, carboidrati e vitamine, come vi possono spiegare gli psicologi. Mangiare tutti insieme ha tantissimi vantaggi. È più pratico ed economico, perché ci sono meno sprechi e meno pietanze diverse da preparare. Fornisce al bambino dei modelli adulti da imitare per imparare l'uso delle posate e dei bicchieri. Lo invoglia a provare gli alimenti che vede mangiare agli altri. Toglie l'attenzione eccessiva a quanto e cosa mangia (riducendo l'ansia delle mamme e i conseguenti giochi di forza dei bimbi). I pranzi, infine, diventeranno gradualmente i momenti dell'incontro per tutta la famiglia e un'occasione, forse unica quando i figli cresceranno, di conversazione e di condivisione. Tra molti anni (ma non moltissimi) i vostri bambini di oggi saranno splendidi e difficili adolescenti, complessi e irraggiungibili come solo gli adolescenti sanno essere. Usciranno dalle loro stanze rigorosamente chiuse o dalle cuffie dell'mp3 e del computer solo per attraversare come saette la casa diretti verso gli amici e il mondo esterno. Tra i vostri e, soprattutto, i loro impegni resterà ben poco spazio per fermarsi a parlare. Quando voi sarete disponibili loro invariabilmente non lo saranno: “sto studiando”, “sto giocando al computer”, “devo uscire”...oppure semplicemente un'alzata di spalle e un mugugno che stanno per “parla pure, tanto non ti ascolto”. Il momento del pranzo sarà probabilmente l'unica occasione in cui vi rivolgeranno la parola. L'unico tempo collettivo in cui accetteranno di ascoltare (forse) e di parlare (se siete fortunati). Ma questo momento va preparato ora, coltivato con cura, alleggerito da tensioni e pressioni. La televisione deve essere spenta, la tovaglia non dovrà essere il territorio delle lotte e dei ricatti, non siete eserciti nemici e schieramenti contrapposti. Essere “commensali” significherà allora avere uno spazio (la tavola) e un tempo (il pranzo o la cena) “con-diviso”, dove ognuno trovi il piacere di nutrirsi e di stare insieme...anche in famiglia. Buon lavoro e, soprattutto, buon appetito! |